Il disturbo evitante e/o restrittivo dell’assunzione del cibo (ARFID)
Questo articolo è stato pubblicato in America nel 2020 per far
comprendere la grave emergenza dei disturbi alimentari presente tra la
popolazione americana, in particolare, tra bambini e adolescenti (tra i 2
ed i 17 anni).
“Nonostante la continua crescita di
popolazione con disturbi alimentari e l'interesse clinico, mancano
indicazioni solide, basate sull'evidenza di interventi e di
trattamenti efficaci nelle strutture cliniche appropriate e sulle
modalità di erogazione dei servizi. Le strutture cliniche
appropriate ed i servizi rimangono assenti, non esiste una guida su come
migliorare l'organizzazione di questo sistema.
Questa
situazione rappresenta una sfida per gli operatori sanitari, politici e
fornitori.
Descriviamo qui una proposta di un quadro clinico
basato sull'evidenza, sottoposto a test preliminari attualmente in uso
in un servizio ambulatoriale sui disturbi alimentari nei bambini e giovani
di età compresa tra i 2 ed i 17 anni.
L'ARFID
(disturbo evitante e/o restrittivo dell’assunzione del cibo) è
stato introdotto nella quinta categoria diagnostica del DSM-5 e nella
ICD-11 (Classificazione Nazionale delle malattie, istituita dall'OMS).
In questi manuali, viene diagnosticato come “Disturbi
dell'alimentazione e del comportamento alimentare”. Chi riceve
una diagnosi di ARFID può aver ricevuto in passato una diagnosi di
disturbo alimentare 'non specificato', di un
disturbo
di ansia o di altri disturbi non presenti nel DSM-5.
Per le
famiglie che richiedono aiuto, non sempre c'è un appropriato
riferimento e l'assistenza si racchiude solo tra operatori sanitari.
Di conseguenza, bambini e giovani, possono essere rinviati in cliniche
pediatriche, dietisti o logopedisti, servizi di malattia mentale, di
neurosviluppo o, infine, in un team per disturbi alimentari.
Per
chi soffre di questa tipologia di disturbi, richiede un intervento
multidisciplinare e molti di questi servizi non sono ben organizzati.
La
ricerca e l'interesse nei confronti dell'ARFID è
cresciuto, così come sono cresciuti gli articoli pubblicati e, di
conseguenza, gli operatori sanitari, clinici e politici, desiderano
migliorare questi servizi rendendoli appropriati ed efficaci per soggetti
affetti da ARFID.
La percentuale di popolazione affetta da
disturbi alimentari resta non chiara, ma sembra esserci un elevato tasso in
Nord America, infatti, la percentuale di bambini ed adolescenti si aggira
attorno al 22% (nel 2014) e si contrastano con la percentuale di
gastroenterologia pediatrica del 1,5 (2015) di ginecologia adolescenziale
del 3,7% (2020). Ad esempio, le cliniche di alimentazione pediatrica, hanno
riscontrato un aumento del 32% negli ultimi anni ed è una
percentuale simile alla diagnosi di autismo.
La comprensione di
questa problematica è utile per determinare un trattamento
adeguatamente mirato per qualsiasi disturbo.
Delle recenti ipotesi
sull'eziologia includono proposte di meccanismi neurobiologici e
neurocomportamentali che possono essere alla base dell'insorgenza
dell'ARFID. Un modello dimensionale che propone anomalie biologiche
nella percezione sensoriale, omeostatica dell'appetito e della
reattività alla paura (American Psychiatric Association).
Questi
autori evidenziano che, queste caratteristiche biologiche nonostante la
loro gravità, non sono reciprocamente esclusive, ma si aggiungono
anche l'inflessibilità cognitiva e comportamentale e/o anomalie
neurobiologiche, anomalie nell'elaborazione sensoriale, comunemente
viste nell'autismo e nei disturbi d'ansia che, appunto,
potrebbero comportare gravi disordini alimentari.
Al momento non
ci sono trattamenti specifici e sono assenti dalla guida pratica
dell'ED, stessa situazione per l'Australia, Nuova Zelanda e Regno
Unito.
Per tutti i disturbi alimentari, il principale trattamento
è una forma di terapia psicomportamentale che può essere
fornita su base ambulatoriale ed oltre alla terapia psicologica, si
avvalgono anche di un trattamento nei confronti di comorbilità
nutrizionali, fisiche e mentali (team multidisciplinare).
Questo
trattamento rimane comunque poco efficace e poco organizzato, gli
interventi psicologici avvengono in casi sporadici.
L'uso di
una serie di farmaci ha avuto risultati positivi in pazienti con ARFID,
includendo: olanzepina, ciproptedina, cicloserina, risperidone,
aripiprazolo, fluvoxamina, ecitalopram e mirtazipine. Fino ad oggi,
inoltre, gli antipsicotici atipici sono stati identificati come
potenzialmente promettenti e si spera che questo trattamento possa essere
distribuito su base ambulatoriale. Un numero minore di pazienti può
richiedere un trattamento più intensivo, con ricoveri in ambulatori
multidisciplinari. Un trattamento più intenso può essere
indicato in presenza di situazioni gravi sia dal punto di vista fisico, sia
dal punto di vista psichico.
Il percorso di cura è
suddiviso in 10 fasi per la valutazione ed il trattamento dell'ARFID
in bambini ed adolescenti; vengono tenuti conto dei seguenti aspetti:
Raccolgono informazioni anche dai medici, dall'esperienza clinica e
dalle famiglie. Abbiamo creato questo intervento mirato anche per fare in
modo di creare un modello per ulteriori test e migliorare gli interventi in
generale.
Per quanto riguarda l'Italia, le modalità di
aiuto nei confronti di chi soffre di un disturbo alimentare, sono
molteplici. In America c'è un'assistenza prettamente
sanitaria ed ambulatoriale, mentre nel nostro Paese c'è
un'assistenza ambulatoriale, ma si garantisce anche un sostegno
psicologico. Gli interventi nel nostro Paese sono multidisciplinari,
ovvero, c'è una collaborazione tra nutrizionisti, diabetologi,
infermieri e medici, ma collaborano anche con psicologi, psicoterapeuti,
psichiatri gruppi di mutuo-aiuto, ecc..
Persiste, però, un
limite in questa tipologia di interventi, ovvero, mirano
all'età adulta, ma non nei confronti dei più
giovani.
Le prime problematiche nei confronti del cibo si
manifestano principalmente durante l'infanzia e nella fase
pre-adolescenziale (già nelle scuole medie si sta riscontrando un
alto numero di ragazze anoressiche) per questo, i pediatri, dovrebbero
prestare maggiore attenzione non solo alla salute fisica, ma anche quella
psichica del bambino, tenere anche conto di come esso si approccia al cibo
e se in famiglia ci sono stati, o ci sono tutt'ora, casi di disturbi
alimentari. Si cerca di trovare una “cura” ed una soluzione al
disturbo in età adulta, con costi materiali e non per le famiglie e
per la società.
Il setting di cura dedicato a chi soffre di
questo disturbo, sono:
Le strutture presenti sul nostro territorio dedicate a chi soffre di
disturbi alimentari, sono molteplici.
A partire dagli anni
'80 a Perugia, l'impegno nei confronti della malattia mentale
assume un ampio respiro. Nel Centro di Epistemologia e Scienze Cognitive,
soprattutto per iniziativa di Carlo Manuali (psichiatra e uomo di scienza),
vengono istituiti degli incontri per soggetti che soffrono di malattie
mentali. Negli stessi anni '80 e '90, si comincia a far luce sui
pazienti schizofrenici e le esperienze di riabilitazione in psichiatria che
si diffusero successivamente in tutta Italia, dando vita a luoghi di cura
come la Residenza “Palazzo Francisci”. 1
Il 7 maggio
2003 viene inaugurato a Todi il Centro Residenziale di Terapia Intensiva
per i disturbi del comportamento alimentare “Palazzo
Francisci”.2 E' la prima struttura pubblica italiana dedicata ai
disturbi alimentari, con un'ampia rete assistenziale prevista dalle
linee guida della Regione.
Nel 2001 l'Assessorato della
Sanità della Regione dell'Umbria costituì un gruppo di
esperti volto a prendersi cura di pazienti affetti da disturbo del
comportamento alimentare, tra questi: psichiatri, psicologi, pediatri,
nutrizionisti, che provarono ad unire le proprie competenze per creare una
risposta terapeutica integrata.3
Ci furono però delle
problematiche, ovvero, il 10 % della popolazione femminile tra i 12 e 25
anni aveva un livello molto basso di accessibilità, quindi, le
famiglie si ritrovavano a dover costruire un proprio percorso terapeutico
in totale solitudine, utilizzando le varie competenze internistiche e
psicologiche e le diverse strutture in modo inappropriato.4
Un'altra
problematica furono le migrazioni extraregionali in strutture private,
causando gravi disagi sia per la pazienti e sia per le famiglie
stesse.
Era, quindi, necessario risolvere queste problematiche per
rispondere anche ad una domanda di cura più efficace ed appropriata.
Ci fu un caso di una bambina di 11 anni ricoverata a causa di una
grave polmonite, che non si alimentava. Il comportamento della paziente
aveva insospettito gli esperti, dato che, si alimentava poco, lentamente e
tendeva a sminuzzare tutto il cibo. Si trattava di un raro caso di
anoressia mentale e, a questo punto, l'equipe composta da
nutrizionista, pediatra e dietiste dell'ospedale, crearono un
programma terapeutico integrato da svolgere all'interno del reparto. A
quel punto, compresero che un intervento così mirato ed efficace,
basato sulle linee guida regionali si poteva mettere in atto con tutti gli
individui che richiedevano una cura, mettendo anche in atto una
comunicazione continua e uno sguardo olistico sulla paziente.
Altre strutture dedicate a chi soffre di un disturbo del comportamento alimentare, sono situate in Veneto che con il DGR n. 3540 del 19 ottobre 1999 ha avviato degli interventi mirati nei confronti di questa tipologia di disturbi, con un'organizzazione di servizi volti alla diagnosi e alla cura. Questi servizi sono situati a: Padova, Verona, Portogruaro, Treviso e Vicenza.5 Queste strutture sono dedicate sia a pazienti anoressici che bulimici e sono composte da varie figure professionali, ovvero:
Un'altra struttura presente sul nostro territorio è “La Casa di Bianca”, situata nel Centro Sant'Ambrogio Fatebenefratelli di Cernusco sul Naviglio (MI), che diagnostica e cura i disturbi alimentari (anoressia) con programmi intensivi di psicoterapia di gruppo e individuale, tecniche mirate all'alimentazione e all'esposizione alla varietà di cibo, tecniche di gestione dell'ansia e dei pensieri ossessivi, attività riabilitative espressive e ri-socializzanti.6
Un'altra struttura è la casa di cura “Parco dei Tigli”, si trova anch'essa nella Regione Veneto più precisamente a Teolo (PD) e tratta sia pazienti anoressici e sia affetti da bulimia. E' una struttura composta da diverse figure professionali, ovvero: psichiatra, medico internista, neurologo e due psicologi.7
Infine, un'altra struttura molto conosciuta è la casa di cura di
Villa Margherita, immersa in un magnifico parco sui colli vicentini.
Il
reparto dei disturbi alimentari (DCA, citati in precedenza) prevede la
possibilità di ricovero ordinario e di ricovero diurno (day
hospital). Il trattamento multidisciplinare integrato prevede: terapie
mediche, nutrizionali, psicologiche, familiari in un'ottica
cognitivo-comportamentale. Ovviamente, è volto sia a pazienti
anoressiche e sia a pazienti affette da bulimia.8
L'approccio
delle varie figure professionali nei confronti di chi soffre del disturbo
del comportamento alimentare, è differente anche se tutti mirano
allo stesso obiettivo, ovvero, al benessere psicofisico del paziente ed al
benessere/supporto dei suoi familiari.
l paziente, i cambiamenti
puberali e le trasformazioni fisiche che fanno crollare
l'organizzazione difensiva, favorendo la comparsa del disturbo.
Terrà, inoltre conto del comportamento sintomatico, la
personalità della paziente, i conflitti individuali e
familiari.
Un paziente che si rivolge al centro specialistico, ha
bisogno di sentirsi capita, ma soprattutto, di sapere che si trova in luogo
in cui questa tipologia di disturbi sono conosciuti e affrontati con
competenza.
Viene richiesta l'ospedalizzazione quando la situazione fisica e mentale della paziente risultano essere gravi, come:
NOTE
1. Laura D. R., La casa delle bambine che non mangiano, Roma, Il pensiero
scientifico Editore, 2005, p. 28,
2. La casa delle bambine che
non mangiano, Roma, Il pensiero scientifico Editore, 2005, p.Laura D. R.,
3. La casa delle bambine che non mangiano, Roma, Il pensiero
scientifico Editore, 2005, p. 28, Ivi, p. 31Laura
D.R.31Ibidem,Https://disturbialimentariveneto.itLaura D.R.,
4.
La casa dele bambine che non mangiano, Roma, Il pensiero scientifico
Editore, 2005, p. 31, Ivi, p. 32
5.
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6.
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7.
Https//www.parcotigli.it
8. Https://www.fatebenefratelli.it
9.
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Tutor
dottoressa Luciana Reginato psicologa clinica e supervisor
counselor
Si ringrazia Lisa Grifoni, tirocinante